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L’Italia ha bisogno di una riforma del mercato del lavoro a favore di giovani e merito

Giuseppe Ursino

Giuseppe Ursino

Come dice Draghi “la riforma del mercato del lavoro dovrà incentrarsi sul migliorare la flessibilità e gli aspetti di equità. C’è un mondo del lavoro a due velocità: molto flessibile per i giovani ed altamente inflessibile per la parte protetta della popolazione, dove i salari riflettono più l’anzianità che la produttività. Proprio per questo i mercati del lavoro attuali risultano iniqui, perché gettano tutto il peso della flessibilità sulle spalle dei giovani”. Forse più che parlare di destra contro sinistra (parole che avevano molto più senso 100 anni fa) siamo in presenza di una guerra subdola di adulti contro giovani. L’Italia, per confrontarsi con qualche chance di farcela in un contesto internazionale così competitivo, avrebbe estremo bisogno di un ceto dirigente giovane e nativo digitale, ma ancora in molti settori vitali siamo governati da vecchi. Come si vince una guerra mandando al fronte i vecchi? E ce la possiamo permettere una classe dirigente che considera i propri privilegi una variabile indipendente dai risultati? Ce lo possiamo permettere un Paese dove i nonni con le loro pensioni retributive rubano risorse ai nipoti? Ce lo possiamo permettere che ancora nel pubblico al di là dei proclami l’unico criterio è l’anzianità, senza alcuna reale correlazione fra la dinamica retributiva e la valutazione del merito individuale? Cambiamo questo modo di pensare parassitario e tutti i problemi uno dopo l’altro potranno essere risolti, perché a noi italiani non mancano certo la caparbietà e la creatività.

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