Mio intervento pubblicato sul quotidiano La Sicilia l’1/8/1996.
Nel passaggio rapido ad una società di massa, l’insorgere delle insicurezze di status e lo sgretolarsi dei valori di riferimento, ha portato all’emergere del Fascismo, quale movimento reazionario di indirizzo statalista, legato al tradizionalismo cattolico ed alle virtù romantiche care agli Anni Venti: orgoglio nazionale, eroismo, sacrificio, mito del capo, violenza risolutrice, culto della razza.
Nella destra odierna c’è ancora: chi si rifà alla logica corporativistica, troppo semplificatrice del crogiuolo di interessi presenti nella nostra società; chi continua ad avere inclinazioni plebiscitarie, anche se la Storia ci ha insegnato quanto siano pericolose ed alla fine incontrollabili ed ingestibili; chi è rimasto nostalgico del gentiliano Stato etico, seppure l’affermarsi del valore della persona in sé abbia, si spera definitivamente, confutato l’ottica della sacralità dello Stato. Pur tuttavia, al di là anche del disprezzo del volgo per quel liberalismo personificato un tempo dal Croce, che non riusciva a porsi il problema dell’integrazione politica delle masse, rimangono comunque diverse sensibilità del pensiero politico della destra che sono ancora oggi attuali e condivisibili.
Sembra, per esempio, condivisibile l’idea del Fisichella che, considerando giustamente fisiologici i conflitti di interesse, reputa necessaria l’esistenza di robuste istituzioni che pongano dei limiti alla degenerazione del pluralismo e della partitocrazia che ha preso in appalto lo Stato.
Riescono inquietanti ancor oggi le riflessioni del Pareto, per il quale sono e saranno sempre in pochi ad esercitare il potere, contando su un consenso guidato, comprato, manipolato, perché il reggimento democratico è una feudalità in gran parte economica e usa principalmente l’arte delle clientele politiche.
Condivisibile è il pessimismo di Schopenhauer sulla caduta di spiritualità: “gli uomini somigliano a orologi che vengono caricati e camminano senza sapere il perché”.
Ed accoglibile la cruda visione di Del Noce, per il quale la società è diventata una miscela di arrivismo, sesso e guadagno, dove nel deserto dei valori si assiste alla continua scorribanda dell’istinto più sfrenato, dell’utilità economica come fondamento di ogni agire sociale.
Perciò, considerando che tutte queste istanze appaiono accettabili, se la destra attuale valorizzasse una concezione sanamente spiritualista della vita, privilegiasse davvero il principio meritocratico che dia valore alle diversità, abbandonasse la concezione statalista ed organicistica dello Stato, ammorbidisse il culto del capo e della Patria (che a piccole dosi vanno bene, poi diventano indigesti) e puntasse ad una democrazia diretta, ma comunque equilibrata e senza pericolose inclinazioni plebiscitarie, allora probabilmente potrebbe sfondare al centro e diventare centrale nella politica italiana, così come auspica il suo leader attuale Gianfranco Fini.