I popoli della Sicilia, le sue dominazioni. La questione siciliana. L’Unità d’Italia

Giuseppe Ursino

Giuseppe Ursino

I primi popoli ad aver abitato la Sicilia furono i sicani e gli elimi. Successivamente dall’Italia arrivarono i *siculi, la prima popolazione indoeuropea a stanziarsi nell’Isola. In seguito i fenici (e poi i cartaginesi) iniziarono la fondazione di alcune colonie costiere nella Sicilia occidentale, tra cui Palermo e Mozia. Più in là nell’Isola arrivarono i greci che, seguendo la prassi della loro terra d’origine, si organizzarono in varie città-stato tra cui Siracusa. Col tempo i greci di Sicilia assunsero caratteristiche proprie rispetto ai greci della madrepatria e presero il nome di sicelioti (mentre quelli del Sud Italia, assumendo anch’essi nel tempo caratteristiche proprie, furono chiamati italioti).
Al suo arrivo nel 3° secolo a.C. Roma trovò due entità politiche, ossia Cartagine ad occidente e il regno siceliota di Siracusa a oriente, e riconobbe alla Sicilia uno status di “nazione”, così come fece con le altre province dell’impero (la Britannia, la Grecia, l’Egitto, la Siria, …).
Dopo Roma l’Isola ebbe per brevi periodi l’influenza militare di popoli barbari di origine germanica (vandali, eruli e ostrogoti) per poi finire sotto l’influenza di Bisanzio, l’impero romano d’oriente, nel 535 d.C..
Dal 965 d.C. la Sicilia, culturalmente appartenente al mondo greco-romano e ormai cristianizzata da secoli, si ritrovò sotto un governo extraeuropeo e musulmano. Sotto la dinastia kalbita la nuova capitale siciliana diventò Palermo.
A seguire l’epopea degli Altavilla: Ruggero I e suo figlio Ruggero II (incoronato re di Sicilia nel 1130) furono considerati dai siciliani i liberatori dell’Isola.
Nel 1130 a Palermo nacque il primo vero parlamento siciliano (e il primo vero parlamento europeo): per la prima volta ai rappresentanti baronali ed ecclesiastici si aggiunsero quelli delle città, un cambiamento epocale.
Dopo alcune vicissitudini familiari, come la morte senza figli di Guglielmo II nel 1189 e la morte di Tancredi nel 1194, a soli 4 anni Federico II (lo Stupor Mundi) divenne re di Sicilia. Poi la corona passò a Corrado e poi a Manfredi che morì combattendo per difendere la Sicilia dall’asse tra Carlo d’Angiò e il papa.
Al potere gli angioini furono terribili ed il loro dominio durò solo 16 anni. Il popolo siciliano si ribellò coi Vespri Siciliani scoppiati a Palermo il 30-31 marzo 1282 (era arrivata a piena maturazione un’identità siciliana formatasi a partire dall’epopea di Ruggero I, tanto che in campo linguistico la lingua siciliana, da mera lingua poetica qual era stata al tempo di Federico II, era diventata lingua di prosa e usata per i documenti ufficiali del regno).
A quel punto un nuovo parlamento riunito a Messina restaurò la monarchia incoronando Pietro III d’Aragona. Poi nel 1285 Giacomo col Trattato di Anagni cedette la Sicilia al successore di Carlo d’Angiò. I siciliani non accettarono questo tradimento e in un parlamento riunito a Catania nel 1296 elessero come proprio re Federico III che aveva fino a quel momento assolto la funzione di vicario del fratello Giacomo. Si aprì una stagione di eroica resistenza nazionale contro papato e mezza Europa.
Quando la dinastia non lasciò figli legittimi nel 1412 col castigliano Ferdinando I l’Isola diventò un vicereame perdendo la propria individualità e la possibilità di avere una propria politica estera indipendente (anche se continuava ad avere un suo parlamento, una sua moneta, una sua flotta, un suo esercito e tutto ciò che contraddistingue uno Stato, eccetto però la presenza di un re residente). Questa regressione portò al declassamento della lingua siciliana e fece dell’Isola merce di scambio.
Nel 1734 lo spagnolo Carlo di Borbone e poi suo figlio Ferdinando diventarono i re dei regni di Napoli e di Sicilia.
La “questione siciliana” iniziò con Ferdinando che l’8 dicembre 1816 con un clamoroso colpo di mano soppresse il Regno di Sicilia tradendo i trattati sottoscritti e facendo confluire la Sicilia nel “Regno delle Due Sicilie”, che altro non era che il Regno di Napoli con la Sicilia ridotta a possedimento d’oltremare.
Dopo 686 anni di storia cessava di esistere il Regno di Sicilia fondato da Ruggero II, il parlamento fu chiuso e nell’Isola ai viceré si sostituirono i luogotenenti.
Appena ne ebbero l’occasione i siciliani si liberarono dei Borboni credendo alle promesse di Garibaldi. L’attacco piemontese colse di sorpresa il 23enne inesperto e timido re borbonico Francesco II, da poco succeduto al padre Ferdinando II (deceduto il 22 maggio 1859) di cui aveva continuato la strategia politica isolazionistica, trascurando anche la potenziale amicizia inglese di cui continuò ad ignorare le sollecitazioni ad intraprendere una politica più liberale.
La Sicilia con l’Unità d’Italia si trovò in una posizione ancora peggiore di quella sperimentata dopo il 1816. La cosiddetta “campagna di liberazione del Sud” determinò una vera devastazione con 37 paesi rasi al suolo, 15.665 persone fucilate, 20.000 morti in combattimento, 40.000 persone rimaste senza tetto, 45.000 giovani militari furono incarcerati per motivi politici (rifiutarono di indossare la divisa del nuovo Stato invasore) e deportati in vari carceri del nord, fra cui quelle della fortezza di Fenestrelle e di San Maurizio Canavese in Piemonte (più che carceri questi furono veri e propri lager, campi di concentramento ubicati in alta montagna dove i prigionieri, non adeguatamente vestiti, furono in gran parte lasciati morire di freddo, di fame, di malattie e di stenti e i cui cadaveri furono disciolti “per motivi igienici” in una grande vasca di calce viva senza essere nemmeno tutti registrati). Venne deliberatamente smantellato l’apparato industriale del meridione e soffocata la borghesia imprenditoriale del sud. “I meridionali non dovranno mai essere più in grado di intraprendere” decretò Carlo Bombrini, Governatore della Banca Nazionale del Regno d’Italia dal 1861 al 1882. Le scuole furono chiuse per 15 anni per stendere un velo d’oblio sugli eventi. Alla loro riapertura i nuovi testi scolastici inneggiavano alla “liberazione del sud” dal suo asserito degrado e fu messo in atto un severo plagio psicologico di denigrazione fino a diffondere nel 1876 l’ideologia che “i meridionali sono biologicamente esseri inferiori, dei semibarbari o dei barbari completi per destino naturale” secondo la folle teoria del criminologo veronese Cesare Lombroso.
In conclusione, un primo declassamento nel 1412, poi la perdita del Regno di Sicilia nel 1816 e la colonizzazione piemontese nel 1860.
La Sicilia con l’Unità d’Italia rimase schiacciata e non si è più totalmente ripresa: emigrazione di massa, impressionante aumento del divario economico tra la Sicilia e il nord, mortificazione dell’identità siciliana, … è stata la sorte toccata a chi per secoli aveva avuto un proprio Stato, espressione politica di un’autorevole nazione europea.

 

*Su siculi, sicani e su come nasce il nome Italia (Tucidide, Storie IV,2): “I siculi passarono in Sicilia dall’Italia – dove vivevano – per evitare l’urto con gli opici. Una tradizione verosimile dice che, aspettato il momento buono, passarono su zattere, mentre il vento spirava da terra. Esistono ancor oggi in Italia dei Siculi; anzi la regione fu chiamata ‘Italia’ da Italo, uno dei siculi che aveva questo nome. Giunti in Sicilia con un numeroso esercito e vinti in battaglia i sicani, li cacciarono verso la parte meridionale ed occidentale dell’Isola e da essi il nome di Sicania si mutò in quello di Sicilia. Passato lo Stretto, tennero e occuparono la parte migliore dell’Isola, per circa trecento anni fino alla venuta degli elleni in Sicilia e ancor oggi ne occupano la regione centrale e settentrionale.”

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