Figlio mio, quando sarai grande, leggendo sullo sfacelo italiano di questi ultimi tre decenni, con i valori etici in caduta libera e l’impazzimento del debito pubblico, scaturito da sprechi sfacciati e senza limiti, ti domanderai dove erano gli italiani perbene e perché non hanno reagito in massa. E soprattutto ti domanderai: papà e tu come ti comportavi? Eri consenziente? Ci “bagnavi il pane” o ti indignavi? Eri tra coloro che hanno avvelenato i pozzi o hai fatto del tuo meglio per opporti a quel suicidio collettivo a scoppio ritardato? Insomma, papà, da che parte stavi?
Io non so se, quando sarai adulto, in grado di affrontare questi argomenti, ancora ci sarò, ma adesso che posso risponderti, anticipando i tempi te ne scrivo. Ho sempre pensato che un giorno, se mio figlio mi facesse questa domanda, desidererei potergli rispondere guardandolo negli occhi, senza infingimenti, dicendogli di esser stato dalla parte giusta. Perché diciannovenne da carabiniere ausiliario in un paese dell’hinterland catanese chiesi ed ottenni, guardando senza sudditanza i miei colleghi anziani negli occhi (nel mondo militare non è un fatto scontato), che lo stesso trattamento sanzionatorio duro ed inflessibile utilizzato per un giovane in tuta di meccanico dovesse essere applicato anche al fratello fighetto del boss mafioso della zona (ed a seguito di quello scontro il brigadiere a capo della stazione mi fece trasferire ad altra stazione per togliermi di torno). Dalla parte giusta, perché quando da ragazzo universitario rappresentavo gli studenti nel CdA dell’ERSU e mi opposi a che dei raccomandati, laureati al Magistero in Lingue, fossero assunti quali “psicologi per l’orientamento universitario”, riuscii a bloccare quell’abuso, ma pagai il mio prezzo con la totale solitudine, querelato (dal potente di turno) ed, infine, cacciato via dall’ente. Dalla parte giusta, quando giovane professionista tentai con un manipolo di ragazzi che avevo aggregato di mandare a casa una cappa di vecchi marci al rinnovo del Consiglio dell’Ordine professionale. La reazione fu che i miei colleghi votanti ricevettero il giorno prima delle elezioni delle email anonime ferocemente denigratorie e false su di me. Per pochissimi voti persi quelle elezioni e, dopo qualche mese, si seppe per opera della Guardia di Finanza che il mittente di quella nefandezza lavorava nello studio professionale di chi, a seguito di quelle elezioni, era diventato il nuovo presidente dell’Ordine! Dalla parte giusta, quando, da presidente del collegio dei revisori dell’ATO Acque di Catania, cercai di evitare la perdita di centinaia di milioni di euro da utilizzare nella provincia catanese per condutture e depurazione e provai a persuadere i politici che la SIE spa (il pasticciato veicolo giuridico che avevano creato) non stava in piedi. Finii macinato dalla politica locale al soldo dei soliti personaggi. Gli altri due revisori si dimisero, l’assemblea dei sindaci (facendo una forzatura) diede per decaduto il collegio dei revisori e poi rinominò gli stessi due che si erano (senza alcuna etica professionale) dimessi per farmi fuori più, come terzo revisore al posto mio, un ragioniere proveniente dal paese del presidente della Provincia. Ed ancora oggi, a distanza di diversi anni, la nostra terra paga il costo economico, sociale ed ambientale di quelle scellerate scelte, perché sulla SIE spa avevo ragione io.
Figlio mio, ne ho subite di cattiverie ed era messo nel conto, però oggi posso guardarti serenamente negli occhi con orgoglio!
In ogni caso, il tempo è stato galantuomo: quel brigadiere è stato doverosamente pensionato anticipatamente dai suoi superiori; quel presidente di ERSU non è riuscito ad assumere abusivamente nessuno e la sua stella, prima lanciata verso nuovi orizzonti politici, tramontò velocemente; quel presidente di Ordine professionale ha avuto dalla Procura delle Repubblica sequestrati tutti i pc del suo studio in cerca delle email anonime; quei personaggi politici locali sono rimasti a bocca asciutta senza riuscire a far i loro affari con la SIE spa perché il CGA l’ha considerata illegittima.
Lettera a mio figlio: io non c'entro e posso guardarti serenamente negli occhi con orgoglio
Giuseppe Ursino
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