Oggi la competizione è fortissima, non c’è alternativa ad utilizzare al meglio le risorse umane e quindi ad enfatizzare la meritocrazia. Non è solo un problema di etica, ma è soprattutto un salto di paradigma comportamentale che porti ad acquisire un approccio vincente per non perdere la sfida per la sopravvivenza. Un Paese, come un’azienda, con gli uomini giusti al posto giusto diminuisce le inefficienze e crea valore, che a quel punto è possibile redistribuire anche ai più deboli. Ma la ricchezza non cade dal cielo, bisogna guadagnarsela ed in Italia la maggior parte della gente non lo vuol capire. Noi, come italiani, abbiamo preteso dai politici un dibattito serrato sulla valorizzazione del merito? Nei tribunali? Negli ospedali? Nelle scuole? Nelle università? Ovunque? La frittata è fatta e abbiamo un Paese allo sbando con una classe dirigente delegittimata. Ma non sento quella reazione, quello scatto di chi chiede a tutta forza un cambio profondo, vedo solo crescere il fanatismo degli antisistema (dato fisiologico in questo contesto, ma che non risolve i problemi, anzi ne crea di altri in più) e poi un silenzio assordante delle nuove generazioni che invece dovrebbero battere i pugni sul tavolo.
Meritocrazia, creazione di valore e sua redistribuzione anche ai più deboli
Giuseppe Ursino
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Giuseppe Ursino
CEO del JO Group, cluster di aziende nato nel 1998 con core business in digital transformation e consulenza su fondi europei
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