Mio intervento sul giornale La Sicilia del 25/11/1992
È terribile che un giovane volenteroso debba emigrare per potersi realizzare. Nella politica ti scontri con un nugolo di briganti che, appena alzi la testa per tener fede con coerenza alla tua onestà, ti triturano spezzandoti le gambe. Mentre nel lavoro se cerchi di specializzarti ti rendi conto che qui non c’è proprio nulla e così per frequentare un master sei costretto a farti la valigia e lasciare la famiglia, la ragazza, gli amici, il tuo clima, il tuo mangiare e, insomma, tutte quelle cose che segnano la vita di una persona. È terribile vedere che già i migliori dei tuoi amici sono chi a Milano, chi a Bologna e, probabilmente, non torneranno. C’è da essere seriamente preoccupati, ma non solo per il lato meramente umano della vicenda, bensì per il fatto che così vanno e andranno sempre via quei cervelli di cui c’è assoluto bisogno. E la colpa di questa situazione è di tanti: della gente della strada che parla, si lamenta, ma alla fine sommessamente si prostituisce all’onorevole; delle istituzioni sempre distratte per non vedere e non sentire; dei nostri imprenditori che non hanno mai avuto la lungimiranza di condurre insieme un progetto di lungo respiro che alla lunga li avrebbe favoriti tutti ed invece si trovano in una stretta mortale tra mafia e malapolitica che li mette fuori mercato; ma soprattutto di loro, dei politici, che hanno combinato tanti di quei danni che forse solo un pugno autoritario, facendo tabula rasa, ha qualche possibilità di ottenere dei risultati concreti che non siano i soliti gattopardismi. Pare che Mani Pulite stia arrivando anche da noi. La società civile, che è davvero stanca, ha riposto l’ultima speranza nelle indagini giudiziarie. Finora qualcosa è venuta fuori, ma ancora è troppo poco, sono saltati solo alcuni marginali anelli deboli della catena. Sono convinto che, se il giocattolino si rompesse, di teste ne salterebbero così tante che occorrerebbe reinventare una nuova classe dirigente. È una speranza, così magari un giorno mio figlio non sarà costretto, come sta capitando a suo padre, di dover fare l’emigrante per potersi specializzare e creare un avvenire.